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Data: 16 de juny de 2018
Categories: Blog, Textos
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Font: Wikimedia Commons.

Cèsar Borja cita a Senigallia, a la Romanya, els condottieri que han desobeït les seves ordres; després de convèncer-los que vol fer la pau amb ells, els captura i ordena l’empresonament i l’execució dels caps. De les diverses relacions sobre els fets de Senigallia, que tingueren lloc el 31 de desembre de 1502 i l’1 de gener de 1503, avui triem un text anònim conservat al ms. Urb. lat. 490 de la Biblioteca Apostòlica Vaticana.

Font: W. H. Woodward, Cèsar Borja, pròleg de Júlia Benavent, edició a cura de Maria Toldrà, València: Edicions Tres i Quatre; Institut Internacional d’Estudis Borgians, 2005 (Biblioteca Borja, 3), p. 397-399 (Apèndix XVIII). [1a edició anglesa de 1913]

Paulo, vedendo il consenso del pontefice, lo morte di Ramiro et l’onorato parlar di Vitellozzo che faceva Valentino, s’arechava chel tutto procedesse per sincerità dell’animo suo verso loro, et cum li compagni diceva che queste eran pur cose che testificavano non solamente di lui la vera reconciliatione cum essi, ma la certezza anchora per l’osservantia delli capituli. Il Valentino, racolta intanto et messa insieme la gente sua, scrisse a Vitellozzo che cum quella di compagni extendesse la sua da Fiumessino a Senogaglia et ch’ivi tutti si firmassino, dove al venir suo consultatamente risolvessi l’impresa di Anchona […].

Vitellozzo, così partendo di quel di Phano alla via dell’hauta commissione, camminava dubitoso fra doi pensieri. L’uno gli rapresentava la natura d’Alesandro et Valentino, e tanti signori levati di loro stati fattigli crudelmente occidere, gli ramentava anchora l’intercetto breve e quello che Alessandro e Valentino, poi tante lor fatiche, havevano designato sopra esso et di compagni e per questo esser stato necessitata di pigliare e di voltargli l’armi contra; le qual cose tutte lo persuadevano per nulla ragione il doversi confidare. L’altro pensier poi gli raccordava l’accetato accordo e quanto sopra ogni cosa il gentilhuomo e ver soldato sia tenuto ancho con interpositione dilla propria vita al honor suo, et si manchasse di sua fede quanta infamia non riportaria. Così da doi contrarij combatuto e sentendo ancho li soldati dire non esser bene che’l si fidasse, gli causono che più volte nell’animo propose voler combatter il Valentino, sperando chel manchergli per salvezza dilla vita, appresso il mondo sempre l’excusieria, et cum qualche almen colorata ragione honestaria la causa sua. Et cum tale intentione distese le gendarme et altri cavalli in quel di Morro Castel d’Esio, a Casabrusciata et altri luochi alle ripe di Fiumessino. Et la fantaria sotto Liverotto, che n’era capo, le puose alla Torre Fregosa, et alle saline sotto Senogaglia. Haveva Liverotto per alcuni anni prima occise in la città di Firmo Raphael dalla Rovere, nepote di Gian prefetto, per il che, consapevole dill’odio che gli portava la casa dilla Rovere, volintiere allogiava cum la fantaria propinquo a Senogaglia, anch’ivi sperando bona occasione da posser di nuovo dimostrargli gli effetti della nemicitia sua.

Era in Senogaglia Gioanna, prefettessa governatrice di quel stato a nome di Francescomaria, suo figliolo. Et benché havesse in scrittura da Lodovico, re di Francia, la protettione di stati d’esso suo figliolo, nondimeno, informato dilla malevolentia di Liverotto, locato cum la fantaria alla porta dilla città cum la spalla di gendarme, com’è detto, et quello che più gli premeva, sapendo chel Valentino dovea marchiare a quella via, iudico non potersi fidare, recordevol’ ancho dil tributo che suo marito già tolsi ad Alexandro per rata di suoi crediti cum la Chiesa, quando Baiazetto, gran turcho, gli lo mandò sino in Anchona per causa di Zizimo, suo fratello, che esso pontefice reteneva ad instantia sua, com’eran convenuti, e che di poi, menandosilo Carlo ottavo a Napoli, per la via di Terracina, esso si dice’l Alexandro lo fece attossicare. Però, havendo lei lasciati in la fortezza di Senogaglia Andrea Doria, genovese, Sebastiano Bonaventuri da Urbino, cum alchuni altri gintilhuomini dilla sua corte, presso habito di huomo, et di notte uscita cautamente dilla citta cum Felice da Sora, suo fidalissimo secretario, caminò per la via dil Cesano alla Pergola et di lì a Cagli, poi passate lalpe chariche di neve, sciese in Thoscana et a Pisa, montata in barcha, si redusse a Sora, nel reame, citta similmente et stato di Francescomaria, suo figliolo.

In Senogaglia è certa casa già di Bemardino di Parma, in la quale, salendosi dalla porta principale, s’arriva in sala et per di lì s’intra in alchune altre stanze, di dove, disciendendosi per l’altro lato, appare une altra uscita fuori. Questa da don Michele, conscio della voluntà del patrono et a qui era data la cura d’exequire il tutto, fu proveduta per allogiato dil Valentino. Il quale, partito da Cesena, cominciava cum la gente stretta prossimarsi a Senogaglia.

Per il che Paulo Ursino solecitava Vitellozzo che insieme cum li compagni anch’esso lo volesse incontrare, il che più volte negatogli per haver animo di non volersi fidarse di esso Valentino. Tanto Paulo finalmente lo persuaso che, montato una muletta, non avendo alhora possuto havere il cavallo più volte da lui dimandato, che insieme cum Paulo et compagni, l’incontrò circa un miglio distante dalla città. Fu il primo a presentarsi, e cum molta cera recevuto Paulo, e dimandato dal Valentino quel ch’era di Vitellozzo, suo fratello, Vitellozzo si fece avanti, et volendo dismontare per tanto più reverirlo, il Valentino non gli lo permise, anzi abracciatolo cum dimonstratione di larghe amorevolezze, et basciatolo com’era a cavallo, ricevve poi cum legra faccia il Gravina et Liverotto, et richiamato a sé Vitellozzo, per buon spacio caminò sempre cum amorevoli rasonamenti seco. Poi facendo merchiare la gente, solecitava il giongere a Senogaglia.

Erasi Vitellozzo già retirato da lui, cum animo di non passare il ponto sopra le Nevola né d’intrar in Senogaglia, ma di voltare più alto per la ripe dil Fiume et, trovato il vado, passare alla gente sua. Dil che advedutosi Paulo, lo dissuase et confortollo passare insieme cum gli altri et sino alla camera compagnare il Valentino, cum dir li che di lì poi, presa licentia, di conserva tutti, ne tornariano in campo. Così aperò che Vitellozzo, benché cum l’animo suspeso, et passò il ponte e acompagnò insieme cum gli altri il Valentino. Secondo l’ordin dil quale, subito che introno in la cittada furono prese, et ben custodite le porte e arrivati in sala tutti quatro fuorno fatti prisoni, in vano chiamando Paulo il Valentino a mantenergli le promesse conventioni, il quale discieso per l’altra porta dilla casa et, mandata fuora la gente e l’omini dille fanterie di Liverotto, subito da essi valentineschi fuorno svaliggiati et molti fatti prisoni et morti.

Vitellozzo, nell’esser fatto prisone, dolendosi disse a Paulo: “Hormai sei chiaro quanto falsa sia stata la tua opinione, et dove me, li compagni et te proprio habbi condotto, e quanto grave errore io ho commesso per la credenza che io t’ho data, contra il mio istesso et il parer d’altrui, dil che più volte advertito cum vere rasone ho condescieso più presto, non già al loro ni al tristo tuo consiglio”. Et fatto chiamar il confessore, dimandò venia a Iddio di gli error suoi, et l’istessa sera che’l fu preso, lochato presso il fuocho in un schanetto insiem cum Liverotto, il qual non vuolse confessarsi, fu torculato et morto, e li corpi d’ambi doi fuorno sepulti nella chiesa presso la porta dentro la cittade chiamata la Misericordia overo l’hospitale.

Paulo e il Gravina fuorno riservati prisoni, sotto bona custodia, sino ch’in altro tempo facesse di loro resolution il Valentino. Alchuni dissero che la causa dil differirgli alhor la morte fu aciò Alexandro prima havesse in mano il cardinal Ursino, come l’hebbe subito, et prisono lo mise in castel Santo Angelo, dove finalmente morse, non senza dubbio di veneno per ordin pur d’Alexandro.

Ho voluto quanto di sopra menutamente scrivare per più notitia di lo lettore, che come quello ch’a molto d’esse cose fui presente e manigiale, così di queste et di l’altre ch’io ho visto, essendosine debitore com’io so, mi è parso, col dartine larghe et piena informatione, così pagarti il debito.

 

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