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Data: 23 de maig de 2024
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:: Patrizia ROSINI, Giulia Farnese. Storia di una vita, Edizioni Archeoares, 2024. ::

Le avventure amorose del papa Alessandro VI sono uno degli elementi fondanti della famosa “leggenda nera” dei Borgia. Oltre a Vannozza Cattanei, madre di quattro dei suoi figli, tra le favorite di Rodrigo Borgia è ricordata anche la giovane Giulia Farnese, spesso chiamata “Giulia la Bella”, o dai numerosi detrattori di casa Borgia, “la concubina del papa”, o peggio ancora la “sponsa Cristi”. Giulia, all’età di 14 anni fu spinta tra le braccia dell’attempato ecclesiastico, usata dalla madre Giovannella, dalla suocera Adriana del Milà, cugina del Borgia, e da suo fratello Alessandro, il cardinale Farnese. Ma ella non ricoprì mai un ruolo di donna sottomessa, bensì sfruttando il suo status di favorita – come spesso accadeva in quel tempo – fu l’artefice della trasformazione di un intero casato, i Farnese, che da semplici nobili rurali divennero in breve tempo signori e principi rinascimentali, in grado di donare alla Chiesa Romana addirittura un papa.

Con questo volume, presentato all’interno delle celebrazioni per il V° centenario della morte di Giulia Farnese (1524-2024),[1] Patrizia Rosini ne ricostruisce finalmente l’intera biografia e soprattutto il complesso rapporto con il papa Alessandro VI Borgia, separando la realtà dalla fantasia, e facendo parlare direttamente – questo è il grande pregio di questa pubblicazione – i documenti d’archivio.

Giulia, figlia di Pier Luigi Farnese, considerata una delle donne più belle del suo tempo, nacque attorno al 1475. Ancora bambina fu promessa in moglie a Orsino Orsini, figlio del signore di Fano e Bassanello e di quella Adriana del Milà, cugina di secondo grado di Rodrigo Borgia sul quale da sempre esercitava una forte influenza e che molto probabilmente fece da tramite per introdurre la giovane Farnese nella corte apostolica.

Il rapporto tra Giulia e Rodrigo Borgia emerge in maniera chiara, viva ed articolata dall’analisi dei testi delle numerose lettere che lo stesso Rodrigo, le sue donne, Giulia, Adriana e Lucrezia Borgia, ed alcuni servitori fidati come il canonico Francesc Gasset e l’arcidiacono de Solís, si scambiarono durante e subito dopo il famoso viaggio a Pesaro (giugno 1494) delle due donne insieme a Lucrezia che andava in sposa a Giovanni Sforza; analisi che l’autrice compie sulla base del Regesto dei documenti di Giulia Farnese, curato dal prof. Danilo Romei e da lei stessa nel 2012.

Nel breve periodo di un’estate si svolge, quindi, quella che viene definita dall’autrice “la saga del 1494”, ovvero un sottile gioco psicologico messo in piedi dai Farnese, con il compiacimento della stessa Giulia, che puntavano probabilmente a istigare ed ingelosire il papa solo per accrescere in lui il desiderio di possedere la giovane – ormai divenuta a tutti gli effetti la sua preferita – per poi strumentalizzare quella senile infatuazione a loro favore con mosse ben studiate e calibrate.

Sulla base di ampi passi delle lettere in questione, infatti, l’autrice interpreta e ricostruisce la figura di un Rodrigo Borgia inedito, tratteggiata attraverso tutte le emozioni, i sentimenti e gli stati d’animo provati da un vero e proprio innamorato. Dapprima, nel momento dell’allontanamento causato dalla partenza della comitiva per Pesaro, affiorano la fiducia, il desiderio di possesso, l’ossessione, l’ansia, la bramosia, nonché la richiesta del Borgia di assoluta devozione da parte di Giulia. Ne sono esempi una lettera di Rodrigo alla giovane della fine del mese di giugno, da cui emerge il coinvolgimento sentimentale del valenzano di 63 anni e la sua continua agitazione per le mancate notizie ricevute dalle donne che erano ormai partite da giorni, e, soprattutto, un’altra della Farnese che, suggerita forse da Adriana, dà inizio a quel sottile gioco psicologico costituito dall’avvicinarsi e dal momentaneo sottrarsi all’amato con il fine di accrescere il desiderio in lui, in cui ella gli descrive ed esalta anche la bellezza di Caterina Gonzaga, un altro esempio di bellezza assoluta del tempo. Ma non possiamo tralasciare di citare anche quelle lettere che comunque riferiscono le molte attenzioni riservate dal Borgia a Giulia, soprattutto quando si era ammalata a causa del dolore per la morte del fratello Angelo Farnese, a cui mandava un suo agente, Pedro Carranza, accompagnato da medici fidati, affinché si ristabilisse il prima possibile.

In un secondo momento, quando da Pesaro Giulia si ritira nelle sue terre a Capodimonte. In questo frangente emerge la disperazione del papa di saperla lontano e la gelosia provata verso il marito di lei, che non voleva rassegnarsi al ruolo di comprimario ma richiedeva insistentemente che si ricongiungesse a lui, probabilmente per ottenerne un altro erede. Su questo personaggio, fortemente ambiguo, è interessante rilevare anche la nuova interpretazione sulla sua partenza da Roma nel 1491 per un periodo di sei mesi, ufficialmente dovuta alla sua volontà di voler assolvere a un voto che lo portava in pellegrinaggio a Gerusalemme, ma che secondo il Picotti era stata determinata dall’avvenuta conoscenza del rapporto della moglie con l’allora cardinale Borgia. In realtà, come suggerisce l’autrice presentando alcuni documenti della Camera Apostolica, si trattò molto probabilmente di una messa in scena per favorire una carriera militare all’inconcludente ragazzo.

Infine, nelle lettere passate in rassegna compaiono la collera, la violenza e il potere del Borgia, che ribollendo irrimediabilmente di rabbia, riuscì finalmente a piegare al suo volere tutti i protagonisti di questo gioco e a far tornare l’amata Giulia nel suo palazzo, a cui fa da corollario il momentaneo ritardo nell’esecuzione dei suoi ordini dovuto al sequestro delle sue donne (Giulia, Adriana e Gerolama Orsini, definite “il cuore e gli occhi del papa”) a Montefiascone da parte dei francesi del re Carlo VIII, che stavano passando da Roma per andare a conquistare il regno di Napoli, e per la cui liberazione fu necessario il pagamento di un riscatto di 3000 ducati.

Di particolare importanza in questa vicenda ci sembra la corrispondenza scambiata tra il papa e il canonico Francesc Gasset, che egli aveva mandato al palazzo di Capodimonte per richiedere il ritorno di Giulia a Roma. Questa fornisce elementi che sembrano certificare inequivocabilmente questo comportamento del papa, totalmente lontano dalla dottrina cristiana ma assolutamente tollerato dagli uomini del suo tempo. Le parole di un chierico che brigava per riavvicinare Giulia a Roma e allontanarla da un marito congiunto a lei dal sacro vincolo del matrimonio creano giustamente dello stupore, come anche un passo della lettera in catalano che Rodrigo Borgia scrisse il 21 ottobre allo stesso chierico in cui manifestava tutta la sua collera affermando che Adriana del Milà quando “eravamo cardinale, contro la volontà di Orsino ci metteva a disposizione Giulia e faceva tutto quello che volevamo e ora fa più stima di quel coglione di Orsino che di noi”.

A seguito di questa lettera tutti si piegheranno al volere del papa e non ci sarà più spazio per altri giochi da parte dei Farnese, che saranno comunque abbondantemente remunerati per il ritorno di Giulia a Roma.

L’immenso potere del papa Borgia, che poteva essere solo momentaneamente contrastato da quello altrettanto forte della bellezza di Giulia, si svela anche in un’altra occasione: l’attacco dei Borgia ai Caetani nel 1499, i cui possedimenti andarono in seguito a Lucrezia Borgia e che l’autrice descrive con grande minuzia di particolari. Arricchiscono questa pubblicazione anche le numerose notizie genealogiche presentate sugli Orsini, altro importante casato romano i cui membri gravitarono a lungo intorno alla corte apostolica.

Ma al di là di tutto questo, la protagonista indiscussa del volume rimane Giulia, di cui si esaltano anche le capacità imprenditoriali che dimostrò nel resto della sua vita. Una volta sistemata l’unica figlia avuta dall’Orsino, Laura, la Farnese si dedicò a far fruttare i beni che possedeva a Carbognano. Sposò in seconde nozze nel 1509 Giovanni Maria Capece Bozzuto che, non avendo grandi risorse su cui contare, la lasciò libera di continuare la sua attività imprenditoriale, testimoniata ancora una volta dai tanti documenti presentati dalla Rosini: acquisto di 12 cavalli e sei puledri dai frati del monastero di San Paolo di Roma per un totale di 132 ducati e affitti di locali per attività di pizzicheria, vendita di frutta e allevamenti di maiali. Il secondo marito morì nel 1517 lasciando in eredità a Giulia anche la gestione della signoria di Afragola.

Attraverso l’attenta analisi del suo testamento, l’autrice rivela, infine, una figura di donna “inedita”, dotata di grande intelligenza, controllo di sé stessa, generosità, rispetto, amore per il prossimo e un modo di pensare e vivere per certi versi “straordinariamente rivoluzionario”; tutti elementi che a distanza di 500 anni mantengono ancora vivo il ricordo di questa bellissima donna del XVI secolo.


Nota

[1] Per il ricco programma delle attività che si svolgeranno nei paesi della Tuscia durante tutto l’anno si veda il sito web GiuliaFarnese500.

(Versió catalana)

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