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Data: 1 de juliol de 2016
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ASV, reg. Suppl. 963, f. 43r

I registri: una fonte ricchissima

Lo spoglio della documentazione giunta in Spagna dall’Archivio Segreto Vaticano ha interessato finora una decina di registri, tre di suppliche (reg. Suppl. n. 962, 963, 964) e sette di bolle (reg. Vat. n. 772, 775, 777-781).

Compatibilmente con i lunghi tempi necessari allo spoglio dei documenti si inizia dunque a svelare una fonte ricchissima che, partendo da Alessandro VI e la sua famiglia, permette di ricostruire non solo la sua corte nella curia romana ma anche la rete di relazioni che si erano stabilite tra la Santa Sede e tutte le diocesi dei territori della Corona d’Aragona, in particolar modo con quelle valenciano-catalane di Valencia, Sogorb, Barcellona, Lleida, Girona, Tarragona, Tortosa, Urgell e Vic.

Una prima consistente serie di bolle, concentrate nel reg. Vat. 772, comprende le provvisioni relative ai possedimenti posseduti da Rodrigo Borgia, al tempo in cui era vicecancelliere della s.r.E., e da lui lasciati a seguito della salita al soglio pontificio. Si tratta di bolle datate tra la fine del mese di agosto e quello di novembre del 1492 e destinate ai cardinali che nel conclave in un modo o nell’altro avevano favorito la sua elezione.

A Giovanni Battista Savelli, cardinale di San Nicola in Carcere Tulliano, il Borgia concesse il monastero della Beata Maria di Casanova nella diocesi di Penne (reg. Vat. 772, f. 4r-5r) e soprattutto l’amministrazione della diocesi di Mallorca (f. 156v); a Giovanni Colonna, cardinale diacono di Santa Maria in Aquiro, i monasteri di Subiaco e del Sacro Speco dell’ordine di San Benedetto (f. 5v-7r); a Federico Sanseverino, cardinale diacono di San Teodoro, una precettoria nella diocesi di Palermo (f. 7v-9v) e due pensioni annue, rispettivamente una di 300 ducati “auri de Camera” sopra i frutti, i redditi ed i proventi della arcidiocesi di Messina (f. 248v-250v) e un’altra di 700 ducati sopra i frutti, redditi e proventi di altri benefici che Rodrigo Borgia aveva posseduto nelle diocesi di Monreale e di Messina (f. 251r-253v).

Ad Antoniotto Pallavicini Gentili, cardinale presbitero di Santa Prassede, chiamato di Santa Anastasia, il pontefice concesse l’amministrazione della diocesi di Pamplona, già appartenuta a Cesare Borgia che fu trasferito a quella di Valencia (f. 27r-29v, 1492), mentre a Giovan Battista Orsini, cardinale diacono di Santa Maria Nova, l’amministrazione della diocesi di Cartagena, in Spagna (f. 31r-33r).

Inoltre trasferì Giovanni de Michaelis, cardinale vescovo prenestino e vescovo di Verona, alla diocesi portuense da lui amministrata fino a quando era salito al soglio pontificio (f. 55v-57v), mentre a Giovanni Giacomo Sclafenati, cardinale presbitero di Santo Stefano in monte Celio, concesse due pensioni, rispettivamente di 300 ducati “auri de Camera” e di 700 che i vescovi delle diocesi di Silves ed Evora, in Portogallo, erano tenuti a pagargli sin da quando era cardinale (f. 99v-101r) e il monastero della Beata Maria di Ripalta dell’ordine cistercense nella diocesi di Civita, in Italia (f. 104r-106r).

Ad Ardicino de Porta, cardinale presbitero dei Santi Giovanni e Paolo, Alessandro VI concesse il monastero di San Martino di Pannonhalma dell’ordine di San Benedetto nella diocesi di Giavasino (Györ) in Ungheria (f. 106r-107r); a Paolo Fregoso, cardinale presbitero di S. Sisto, la chiesa della beata Maria in via Lata a Roma (f. 127r-128v) e l’amministrazione di un monastero dell’ordine cistercense nella diocesi di Kolocza-Bacs, in Hungaria (f. 228v-229v).

Ad Ascanio Maria Sforza, cardinale diacono di San Vito e vicecancelliere di s.r.E., concesse l’amministrazione della diocesi di Erlau in Ungheria (f. 201v-202r) e due pensioni annue, rispettivamente una di 500 fiorini d’oro che percepiva sopra i frutti, redditi e proventi della diocesi di Siviglia che gli fu assegnata da papa Sisto IV (f. 212r-214v) e un’altra che percepiva dal monastero di S. Maria de Nájera nella diocesi di Calahorra (reg. Suppl. 963, f. 294v).

Alessandro VI concesse, infine, alcuni benefici semplici che possedeva in una chiesa parrocchiale nella diocesi di Siviglia, a Enrique de Ágreda, chierico della stessa diocesi, cubiculario, suo familiare e continuo commensale (reg. Vat.772, f. 220r-221r).

Le concessioni ai figli e parenti

Cesare Borgia fu, tra i suoi figli, certamente il più amato da Rodrigo, che non mancò di beneficiarlo e favorirlo in più di un’occasione. A lui fu trasferito il possesso del monastero di Valldigna (reg. Vat. 772, f. 1r-4r) e soprattutto l’amministrazione ed il governo della diocesi di Valencia (f. 153r-156v) insieme ad una serie di licenze per poterla amministrare. In seguito gli assegnò anche la commenda del monastero di San Martino nella diocesi di Giavasino (Györ) in Ungheria che aveva già concesso, come abbiamo visto, al defunto cardinale Ardicino della Porta (reg. Vat. 775, f. 8r-9v).

Tra i beni appartenuti al defunto cardinale Alessandro VI concesse a Cesare anche la commenda del monastero di San Vittore di Milano dell’ordine di S. Benedetto (reg. Vat. 775, f. 251r-251v), mentre l’arcidiaconato de Sexta nella diocesi di Evora, in Portogallo, che fu anch’esso concesso da Alessandro all’adorato figlio, fu già posseduto dal defunto Jaume González Butafogo. Cesare, una volta ricevuto quest’ultimo beneficio, però, a causa di “litteris apostolicis super ea non confectis” lo riconsegnò nelle mani del padre che a sua volta lo concesse a Diego Botafogo, familiare e continuo commensale di Giovanni Borgia, cardinale di Santa Susanna (reg. Vat. 775, f. 315v-317v; 30/3/1493).

A Cesare andarono anche gran parte dei possedimenti appartenuti al defunto Roberto de Spinay, vescovo di Nantes. Si trattava del priorato di Saint-Martin-des-Champs dell’ordine cluniacense di Parigi (reg. Vat. 778, f. 10r-13r; 9/8/1493); della commenda del monastero di San Leonardo de Ferrières dell’ordine di San Benedetto nella diocesi di Poitiers (reg. Vat. 778, f. 95r-97r; 9/8/1493) e soprattutto dell’amministrazione perpetua della diocesi di Nantes (reg. Vat. 778, f. 120v-121v; 9/8/1493) a cui sono dedicate diverse bolle contenenti licenze per amministrarla e per far riconoscere il nuovo titolare dalle istituzioni locali e, infine, del priorato de Yseyo dell’ordine di San Benedetto nella diocesi di Rennes (reg. Vat. 778, f. 143r-144r; 9/8/1493).

Alessandro VI concesse al figlio anche una lettera aspettativa per il monastero di Banyoles dell’ordine di San Benedetto nella diocesi di Girona e per le prime dignità, canonicato e relativa prebenda della stessa diocesi che si fossero resi vacanti (reg. Vat. 781, f. 291r-293r; 14/1/1494).

Il papa si riservò anche l’assegnazione dei primi due monasteri dell’ordine cistercense o cluniacense che si fossero resi vacanti nelle diocesi di Elna, Vic, Girona, Urgell o Barcellona e ne fece provvisione in favore del figlio (reg. Vat. 780, f. 17v-19v; 19/3/1494).

A Cesare, infine, fu permesso, ancora sedicenne, anche di surrogare Giovanni, chierico della diocesi di Saint Malo, nei diritti che questo possedeva su un arcidiaconato nella diocesi di Saint Brieuc, in Francia (reg. Vat. 777, f. 57r-61v; 17/11/1492).

Molti sono anche i documenti papali indirizzati a Goffredo Borgia, figlio minore di Rodrigo, il quale finora non ha ricevuto da parte degli studiosi la stessa attenzione che è stata dedicata ai suoi due fratelli maggiori.

Fin dalla nascita egli ebbe invece una parte di rilievo nei grandi disegni nepotistici del pontificato borgiano. Sebbene fosse destinato ancora fanciullo alla condizione ecclesiastica e nominato canonico, prebendario e arcidiacono della cattedrale di Valencia, allora retta dallo stesso Rodrigo Borja, già nel 1493 infatti il papa decise che rinunziasse alla carriera appena intrapresa, per insignorirlo di Bologna che voleva togliere a Giovanni Bentivoglio. Ma la conquista della seconda città pontificia rimase sempre un sogno irrealizzabile per i Borgia, e i progetti relativi a Goffredo presero presto un nuovo corso, facendone una pedina di scambio molto importante per gli accordi tra la Santa Sede e il Regno di Napoli dove andò in sposo a Sancha d’Aragona, figlia illegittima del re Alfonso II.

Grazie ad una serie di documenti conservati nell’Archivio Segreto Vaticano, oggi possiamo ricostruire i suoi primi passi nella gerarchia ecclesiastica e il suo successivo abbandono.

Al “magistro” Goffredo de Borgia “clerico romano notario nostro” il 31 agosto 1492 il papa concesse la chiesa parrocchiale di Inca nella diocesi di Mallorca (reg. Vat. 772, f. 57v-59r); la chiesa parrocchiale di Gandia nella diocesi di Valencia (reg. Vat. 772, f. 171r-173r) e l’archipresbiterato di Belchite nella diocesi di Saragozza dell’ordine di Sant’Agostino (reg. Vat. 772, f. 175r-177r), tre benefici che Cesare Borgia aveva ottenuto in commenda e che poi aveva lasciato vacanti a causa della sua elezione come arcivescovo di Valencia.

In seguito Goffredo rassegnò il canonicato e la relativa prebenda che possedeva nella chiesa di Valencia nelle mani del papa che li riassegnò a Miquel Dassio, chierico perpetuo beneficiato nell’altare di S. Blasio situato nella stessa chiesa, di 10 anni d’età (reg. Suppl. 964, f. 95v; 11/8/1492, e reg. Vat. 772, f. 196v-198r); il canonicato e la sagrestia che possedeva nella chiesa di Barcellona nelle mani del padre che la riassegnò a Joan Baptista Castellà, di 16 anni (reg. Vat. 778, f. 26v-28r; 27/7/1493) ed infine l’arcipresbiterato di Belchite che fu assegnato a Gaspar de Pertusa, sollecitatore delle lettere apostoliche, cubiculario e familiare e continuo commensale del papa (reg. Vat. 778, f. 93r-94v; 4/11/1493).

Giovanni Borgia, nipote di Rodrigo Borgia da lui in seguito nominato cardinale di Santa Susanna, fu un altro parente stretto a cui il papa rivolse, come risulta dalle carte esaminate, molte attenzioni durante il suo primo periodo di pontificato.

Alessandro già nel novembre del 1492 ricevette una sua supplica affinchè gli fosse concessa la speciale grazia di un arcidiaconato nella diocesi di Coimbra che si era reso vacante per la morte di un certo Juan (reg. Suppl. 964, f. 13r). In seguito gli concesse il priorato della chiesa di Santa Maria in Laurenzia di Bevagna nella diocesi di Spoleto per libera rassegnazione del defunto Pietro Cardarelli (reg. Vat. 775, f. 102r-104v; 26/2/1493); una lettera aspettativa sul primo canonicato e prebenda o dignità che si fosse resa libera nella diocesi di Huesca (reg. Vat. 775, f. 30v-34r; 19/3/1493) e una pensione annua di 70 fiorini auri de Camera sulla precettoria della “domus” di San Antonio nella diocesi di Albi, in Francia che in un primo momento con motu proprio gli aveva concesso (reg. Vat. 777, f. 101r-103v; 28/6/1493).

Un altro parente stretto che ricevette molte attenzioni da parte di Alessandro VI fu Joan Castellar, cugino del cardinale Borgia, vescovo di Trani divenuto in seguito cardinale presbitero di Santa Maria in Transtevere. Con motu proprio il papa gli concesse, quando era ancora solo un chierico di Valencia, notaio “et secundum carnem nepoti familiari et continuo commensali”, la speciale grazia dell’abbazia della Santa Valle di Grazia, un canonicato e la relativa prebenda della chiesa di Tropea e le chiese parrocchiali di S. Maria Maggiore e di S. Veneta situate fuori le mura della stessa Tropea che si erano resi vacanti per la morte di Leonetto Sangi (reg. Suppl. 963, f. 284v e reg. Suppl. 964, f. 14v, entrambi i documenti datati 30/10/1492). Inoltre gli concesse con motu proprio anche due canonicati con le relative prebende e annesse pertinenze nella chiesa di Cagliari e nella diocesi di Doglia, in Sardegna, che si erano resi vacanti per la morte di Nicola Segarra (reg. Suppl. 964, f. 229r; 22/11/1492).

Le concessioni ai familiari

Tra i cosiddetti familiari e continui commensali del pontefice figurano moltissimi membri dei più importanti casati della Corona d’Aragona, in particolar modo della nobiltà valenciana.

Tra i più assidui troviamo Bernardino Gutiérrez, cubiculario, al quale il pontefice concesse alcuni benefici nelle diocesi di Siviglia e Cordova (reg. Vat. 772, f. 22v-24r; 13/10/1492); Lluc Girona, preposito del monastero della Beata Maria di Manresa dell’ordine di S. Agostino nella diocesi di Vic, dottore dei decreti e nipote di Joan Girona (reg. Vat. 772, f. 191v-193r), a cui concesse alcune prerogative; il già citato Miquel Dassio, al quale concesse anche una dispensa per poter usufruire di più benefici o pensioni nella chiesa di Valencia senza essere promosso negli ordini sacri necessari (reg. Suppl. 964, f. 94v-95r; 11/8/1492); Roderic Corella, chierico di Valencia, a cui concesse la prepositura della chiesa di Valencia che il defunto Pietro Boser aveva posseduto (reg. Vat. 772, f. 255v-257r); Jaume Casanova, canonico di Valencia, suo cubiculario segreto, a cui concesse la cantoria della chiesa di Cartagena, che fu posseduta dal defunto Miguel de Hermosilla (reg. Vat. 772, f. 290v-292r) e Jeroni Pau, canonico di Barcellona, suo cubiculario e dottore in entrambi i diritti, a cui concesse il priorato di Sant Pau del Camp nella diocesi di Barcellona dell’ordine di S. Benedetto per cessione del chierico Guillem Ramon Català (reg. Vat. 775, f. 88r-92v; 8/10/1492).

A Gaspar Pertusa, chierico di Valencia, dottore dei decreti e sollecitatore delle lettere apostoliche, oltre che cubiculario, concesse una pensione annua di 6 libbre di moneta del regno di Valencia sopra la chiesa parrocchiale della località di Alella nella diocesi di Barcellona (reg. Vat. 775, f. 215r-216r; 19/12/1492), mentre di Lluís Marrades, canonico e suo familiare e continuo commensale, e di Joan Marrades, suo cubiculario, familiare e continuo commensale, poi vescovo di Sogorb, si fa menzione in un’altra bolla (reg. Vat. 777, f. 22r-24r; 25/6/1493).

Al già citato Joan Baptista Castellà, chierico di Valencia, concesse l’arcidiaconato di Algezira nella stessa chiesa di Valencia (reg. Vat. 777, f. 241r-244r) e a Joan Artés, chierico della stessa città, una gratificazione su un perpetuo semplice beneficio ecclesiastico nella chiesa parrocchiale di Sant Esteve “quod de jure patronum laicorum existit”, per il quale fu presentato (reg. Suppl. 962, f. 235r).

Anche la famiglia Cardona è ampliamente rappresentata nelle carte: Pere de Cardona, vescovo di Urgell e impiegato al servizio del re Ferdinando, supplicò una proroga di un anno per poter stare ancora fuori della sua residenza (reg. Suppl. 962, f. 238r) mentre una causa era sorta davanti all’auditore del sacro palazzo apostolico tra Joan de Cardona, chierico di Barcellona e scrittore apostolico, e il defunto Egidio Sant Galum (reg. Suppl. 963, f. 20r-20v).

Roderic de Cabredo, chierico della diocesi di Calahorra, scrittore apostolico e familiare del papa, è infine anch’esso un personaggio che ricorre spesso nella documentazione borgiana.

Altre concessioni di notevole interesse

Di particolare interesse sono inoltre le carte relative alla scoperta del territorio americano già conosciute al grande pubblico per altre vie.

Alessandro VI donò a Ferdinando e Isabella, re e regina di Spagna, tutte le terre e isole, esplorate o da esplorare, scoperte o da scoprirsi verso occidente e verso sud ad opera di Cristoforo Colombo e le sue truppe (reg. Vat. 775, f. 42v-45v; 3/5/1493); concesse a Bernardo Boïl, frate dell’ordine dei Minori e vicario dello stesso ordine presso il regno di Spagna, la licenza di amministrare la religione cattolica e di scegliere i missionari per l’evangelizzazione nelle terre appena scoperte come gli era stato espressamente richiesto dagli stessi re di Spagna (reg. Vat. 777, f. 122r-124v; 25/6/1493) e delimitò le terre e le isole recentemente scoperte da Cristoforo Colombo e possedute dai re Cattolici attraverso una linea tracciata dal polo artico al polo antartico verso l’India e le Azzorre e Capo Verde dividendole da quelle già occupate dal re di Portogallo (reg. Vat. 777, f. 192r-193v; 4/5/1493).

Molto interessante ci sembra infine la nomina di Antoni Fàbregues, arcidiacono della chiesa di Urgell e dottore dei decreti, cubiculario e suo familiare e continuo commensale, a nunzio apostolico nella città di Segna in Croazia, che si trovava sotto assedio dei turchi, che offre alcuni particolari inediti su ciò che stava accadendo in quei remoti territori (reg. Vat. 777, f. 171v-172v; 31/7/1493).

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