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Data: 24 de desembre de 2021
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AAV, reg. Lat. 938, f. 1 (detall)

Gli ultimi mesi di attività del progetto denominato “DB Documentació borgiana de l’Arxiu Apostòlic Vaticà (Antic Arxiu Secret del Vaticà)”, ideato e in fase di realizzazione per conto dell’IIEB, sono stati caratterizzati da tre importanti novità.

In primo luogo, più che una vera e propria novità, un dato di fatto ragguardevole: il database si va ingrossando a dismisura, divenendo giorno dopo giorno, scheda dopo scheda, una fonte di notevole interesse per tutti gli studiosi e gli appassionati del periodo storico di Alessandro VI Borgia, il più famoso pontefice del Rinascimento europeo. Crescono, difatti, proporzionalmente al numero delle schede, che grazie allo spoglio di altri sette registri comprende ora oltre 2200 unità, anche quelli dei nomi e dei luoghi citati, facilmente recuperabili tramite l’interrogazione del potente motore di ricerca, componendo grazie ad una quantità immensa di informazioni, per la maggior parte ancora inedite, un quadro prosopografico grandioso.

Un’altra novità di non poco conto è rappresentata dall’avvio in questi ultimi mesi dello spoglio dei primi Registra Lateranensia prodotti durante il pontificato del secondo papa Borgia —pontificato dal quale, ricordiamo, il lavoro di schedatura approntato nel progetto è partito nonostante papa Callisto III (1455-1458), e che giustifica il titolo utilizzato finora per gli aggiornamenti—, a seguito del quale offriamo ora alcune notizie e ipotesi che integrano la descrizione della loro struttura e organizzazione.

Nonostante ciò la novità più importante è tuttavia un’altra, che fa ben sperare per il futuro del progetto: dal mese di settembre è entrato a far parte dell’équipe internazionale di studiosi, composta dall’archivista italiano Ivan Parisi e dalla filologa catalana Maria Toldrà, che stanno lavorando per conto dell’IIEB sui registri vaticani da oltre quattro anni, un terzo componente, il dottore Valerio Luca Floris. Laureato presso l’Università di Cagliari, in possesso di un dottorato in storia medievale conseguito presso quella di Roma Tre, e di numerosi altri titoli nel campo della ricerca storica e della pratica paleografica, Valerio Luca Floris è dunque il nuovo collaboratore dell’IIEB, che permetterà nei prossimi mesi di velocizzare notevolmente le operazioni di spoglio dei registri.

Database Borgiano, a che punto siamo?

Negli ultimi mesi l’assiduo lavoro dell’équipe ha prodotto come già detto lo spoglio di altri sette registri, portando il numero totale delle schede realizzate ed inserite nel database a oltre 2200 unità. I registri che sono stati lavorati sono i Vaticani nn. 773 e 776 (gli ultimi due che erano rimasti da spogliare del primo blocco di dieci registri di questa tipologia), e i Lateranensi nn. 926, 927, 935, 936 e 938. Il numero totale di quelli spogliati è giunto quindi a 25 unità: 10 registri di suppliche, 10 Vaticani e 5 Lateranensi. Pertanto lo spoglio dei documenti ha raggiunto quasi il 5 % del totale dei registri del pontificato di Alessandro VI, che è costituito dall’impressionante numero di 113 registri Vaticani, 204 Lateranensi e 209 di Suppliche.

Si prevede, tuttavia, grazie all’apporto del nuovo collaboratore, di poter accelerare nei prossimi mesi sensibilmente le attività di spoglio per giungere al completamento del 10% del totale dei registri nei primi otto mesi del 2022.

I Registra lateranensia: descrizione e caratteristiche

I Registra Lateranensia sono, come i Vaticani, una serie di registri cartacei di bolle pontificie formati da vari fascicoli che ebbe inizio nel 1389, col primo anno del pontificato di Bonifacio IX. Secondo padre Giusti, che li ha studiati verso la metà del XIX secolo,

si conservarono per molto tempo in Vaticano, non però nell’Archivio Segreto, ma in separata sede (nel cortile detto di Sisto V, presso il cortile di S. Damaso, si legge ancora su di una porta l’iscrizione: Custodia Registri Bullarum) fino all’anno 1810, quando per ordine di Napoleone Bonaparte, furono trasportati a Parigi insieme con l’altro materiale degli archivi pontifici. Tornati a Roma nel 1817, vennero depositati nel Palazzo del Laterano, donde il loro nome, e continuarono ad accrescersi fino all’anno 1897. Appartenevano alla Dataria Apostolica, finchè furono trasferiti all’Archivio Vaticano (M. GIUSTI, “I registri Vaticani e la loro continuazione”, La Bibliofilia, 60 [1958], p. 132).

I documenti in essi contenuti sono provvisti di un protocollo con l’intitulatio e la salutatio ceterate e l’inscriptio completa mentre l’iniziale del nome del papa, che apre la registrazione, è spesso ingrandita e a volte ornata. Una particolarità di queste bolle è rappresentata dalla presenza della tassa o formula di esenzione che si trova alla fine del testo dopo la datatio, generalmente inserita nella sottoscrizione autografa del registrator o, più raramente, annotata subito prima di essa. Dopo la tassa è talvolta indicata la data di spedizione della bolla.

Gli scriptores registri, dopo aver copiato il testo del documento, annotavano nei margini i nomi dei funzionari e addetti della Cancelleria. Nel caso dei registri del pontificato di Alessandro VI troviamo riportato all’altezza del primo rigo a destra il nome dell’abbreviator estensore della minuta del documento.

Dallo spoglio effettuato sui primi registri emerge che, a differenza dei Vaticani e di quelli di Suppliche, dove contiamo fino a cinque mani diverse, la scrittura è qui affidata alla mano di un solo registrator, cosa che rende assolutamente più facili e veloci le operazioni di selezione e lettura delle bolle che rientrano nei parametri prestabiliti per il database.

In secondo luogo, lo spoglio ha evidenziato anche l’alta concentrazione di bolle riguardanti la stessa materia in un unico registro: es. nel reg. Lat. 935, soprattutto di bolle riguardanti concessioni di pensioni e nel reg. Lat. 936, di costituzioni di commissioni per giudicare su alcune cause appellate alla sede apostolica. Sebbene i dati in nostro possesso siano ancora molto pochi e relativi solo alla documentazione di interesse catalano-spagnolo, tuttavia non ci sembra impossibile poter avanzare l’ipotesi che questi registri fossero stati stati organizzati in tale maniera. Infine, si è riscontrato anche in molti casi la presenza di un lungo intervallo di tempo tra la data della registrazione della bolla e quella dell’apposizione della relativa tassa da pagare posta alla fine del testo.

Risultati scientifici

È certamente impossibile dare conto di tutta la quantità e qualità di informazioni che il lavoro di schedatura di questi registri ha fornito. Pertanto ci limitiamo ad offrire, come nei precedenti aggiornamenti, solo un conciso sunto delle bolle più interessanti da un punto di vista storico, sociale ed ecclesiastico.

Reg. Vat. 773

Il reg. Vat. 773 è composto da 322 fogli, 321 più un f. 242 bis. Si segnala che i ff. 51v,124v, 196v e 222v sono bianchi. La cartulazione coeva è presente in cifra araba nella parte superiore destra del recto di ogni foglio. Le condizioni di conservazione del registro sono in generale ottime e il testo di tutte le bolle è leggibile senza alcuna difficoltà.

La prima bolla di un certo interesse che abbiamo selezionato dal registro riguarda proprio Rodrigo Borgia, futuro papa Alessandro VI (ff. 109v-112r). In questa si afferma che, al tempo in cui era cardinale portuense, il papa Innocenzo VIII, suo predecessore, gli aveva concesso la provvisione del ricco arcidiaconato di Lorca, nella diocesi di Cartagena, che lui stesso, tuttavia, in seguito aveva ceduto nelle sue mani a causa della mancata produzione nel frattempo delle relative lettere di provvisione e possessione.

Di notevole interesse sono in questo registro anche una serie di bolle riguardanti due personaggi molto vicini al secondo papa borgiano: Joan Llopis, datario e poi cardinale del titolo di Santa Maria in Trastevere, e Joan de Borja i Navarro d’Alpicat, arcivescovo di Monreale e poi cardinale presbitero del titolo di Santa Susanna.

Il 29 dicembre del 1492 il papa Alessandro VI concede a Joan Llopis, decano della chiesa di Valencia, l’amministrazione dell’importante chiesa di Perugia, dell’ordine di Sant’Agostino, vacante per la morte del suo ultimo titolare, Girolamo Balbano (ff. 207v-208v) e ratifica la sua nomina al capitolo della chiesa di Perugia (ff. 208v-209r) e ai vassalli della diocesi (f. 209r).

Con motu proprio, il 13 novembre del 1492 Alessandro VI concede, invece, a Joan de Borja i Navarro d’Alpicat la provvisione di due delle prime chiese parrocchiali che si renderanno vacanti tra quelle di San Giovanni di Magliano, nella diocesi di Sovana, di San Vito di Monte di Santa Maria, in quella di Arezzo, e dei Santi Simone e Giuda di Radicondoli, in quella di Volterra, nel dominio diretto dei signori di Siena (ff. 254v-258r).

Considerevole è, inoltre, la bolla relativa all’elezione del nuovo maestro generale dell’ordine di Santa Maria della Mercede, che era vacante per la morte di Antoni Morel, il suo ultimo titolare. Il papa Alessandro VI, con la bolla del 6 novembre del 1492, conferma l’elezione di Joan d’Urgell, maestro in teologia, prodotta dai precettori e commendatori a cui spettava secondo le regole dell’ordine, e ordina all’arcidiacono della chiesa di Santa Maria del Mar di Barcellona e all’ufficiale della stessa città catalana di eseguirne la possessione (ff. 258v-259v).

Segnaliamo, infine, altre due bolle che descrivono due uffici della curia molto importanti che furono assegnati a catalani.

La prima riguarda Jaume Sagarra, canonico della chiesa di Agrigento, che insieme ad un certo “Barono Angeli Bruneti”, laico di Firenze, è nominato da Alessandro VI il 10 novembre del 1492 come commissario contro le frodi commesse dagli ebrei e per la revisore dei capitoli da quest’ultimi stabiliti con le comunità dei territori della Chiesa per la durata di quattro anni (ff. 59v-61v).

La seconda riguarda, invece, Antoni Bertran, chierico della diocesi di Valencia, familiare e continuo commensale del papa Alessandro VI, a cui lo stesso concede motu proprio l’autorevole ufficio di servente d’armi con tutti gli emolumenti del servizio, ordinando a Raffaele Riario, cardinale di San Giorgio ad velum aureum e suo camerario, di riceverlo come tale (ff. 310r-310v).

Reg. Vat. 776

Il registro Vaticano n. 776 è numerato dal f. 1 al 323, ma è composto in verità da 324 fogli, 323 più i ff. 46 bis e 113 bis, mentre il f. 16 è mancante per un errore di numerazione. Segnaliamo anche che i ff. 48, 191v, 254, 263v e 303v sono bianchi. La cartulazione è presente in cifra araba sulla parte superiore destra di tutti i fogli. Le condizioni generali del registro sono buone ed è perfettamente leggibile il testo di tutte le bolle registrate.

Il primo membro della famiglia Borgia che troviamo tra le carte del registro è Cesare Borgia, a quel tempo arcivescovo di Valencia. Suo padre, il papa Alessandro VI, gli aveva concesso la provvisione dell’arcidiaconato di Daroca, nella chiesa di Saragozza, che più tardi il giovane Borgia aveva rinunciato nelle sue mani, possessione non habita. Di conseguenza, nella bolla datata 27 marzo 1493, il papa ammette la rinuncia e concede il beneficio a Pedro Sánchez, chierico di Saragozza, di 19 anni d’età, parente dello scrittore apostolico Gonzalo Roiz (ff. 26r-27v).

Di notevole interesse sono anche le bolle relative al trasferimento di Juan Ruiz de Medina, già vescovo della diocesi di Astorga, alla sede di Badajoz, che si era resa vacante per un altro trasferimento, quello di Bernardino López de Carvajal, suo ultimo possessore, a quella di Cartagena (ff. 73r-73v). In particolare, la lettura del registro ci restituisce le bolle di ratifica del primo trasferimento indirizzate all’arcivescovo della chiesa di Santiago di Compostella, Alonso de Fonseca (ff. 74r-74v), al capitolo della chiesa di Badajoz (ff. 74v-75r), al clero (f. 75r), ai vassalli della stessa città e diocesi (f. 75r) e, infine, a Fernando, re di Spagna (f. 75v).

All’interno del registro troviamo anche alcune bolle riguardanti Joan Castellar, nipote carnale del papa Alessandro VI, futuro vescovo di Trani e poi cardinale presbitero di Santa Maria in Trastevere, nonché un personaggio sempre molto vicino al secondo papa borgiano. A lui Rodrigo concede un’assoluzione affinché possa continuare a godere dei frutti dei suoi benefici anche non risiedendoci. Tra questi sono ricordati l’arcidiaconato di Sagunt, nella chiesa di Valencia, l’arcipresbiterato della chiesa di Sogorb e le chiese parrocchiali di Denia e Picacent, nella diocesi di Valencia, nonchè una pensione annuale di 50 ducati auri de Camera sopra i frutti, i redditi ed i proventi dell’arcidiaconato della chiesa di Cartagena e certi canonicati e prebende della chiesa di Cagliari e Dolia, in Sardegna (ff. 298r-298v).

Possediamo anche tutta la documentazione relativa alla sua nomina come nuovo amministratore della diocesi di Trani.

Il 23 agosto del 1493 il papa Alessandro VI, difatti, prima lo assolve da qualsiasi censura, sentenza o pena ecclesiastica che avrebbero potuto invalidare la sua imminente nomina a vescovo di Trani (f. 298v), poi lo provvede della diocesi in questione che era vacante per la morte di Giovanni Attaldo, il suo ultimo titolare (ff. 299r-299v) e infine ratifica la sua nomina presso i vescovi di Bisceglie e Barletta, suffraganei della chiesa di Trani (f. 299v), il capitolo (f. 299v), il clero (ff. 299v-300r), i vassalli (f. 300r) e il popolo della stessa città e diocesi (f. 300r), senza dimenticare ancora Fernando, re di Sicilia (f. 300r).

Infine, da segnalare è anche una bolla relativa ad alcuni membri della famiglia Milà, una delle più eminenti della città di Valencia e delle più vicine al secondo papa borgiano.

Il 23 aprile del 1493 il papa Alessandro VI concede a Lluís Joan del Milà, cardinale presbitero dei Santi Quattro Coronati, la prerogativa di cedere fino a quattro dei suoi benefici a chiunque desiderasse e di assegnarli quindi a Francesc, di 15 anni d’età, ed a Illefonso del Milà, di 12, fratelli ed entrambi chierici di Valencia, nonchè nipoti “secondo la carne” dello stesso papa, ma solo allorquando avessero raggiunto l’età di 20 anni. Questi, a loro volta, entrati in possesso dei benefici menzionati, avrebbero dovuto pagare al cardinale, per il dispendio subito, una pensione annua con diritto di regresso in caso di cessione degli stessi (reg. Vat. 776, ff. 216r-218r).

Reg. Lat. 926

Il reg. Lat. 926 è composto da 305 fogli anche se, eccezionalmente, troviamo al suo interno moltissimi fogli bianchi (ff. 24r, 25, 56v, 72v, 73v, 97v, 141v, 153v, 197v, 220, 253v, 281v, 284v, 291v, 305v). Su tutti i fogli del registro è presente sia una cartulazione coeva in cifra romana (nella parte superiore destra), che una moderna a macchina (nella parte inferiore destra). Nel primo foglio troviamo la seguente frase scritta a matita da Angelo Mercati, famoso custode dell’Archivio Segreto Vaticano nel 1918 e poi prefetto nel 1925, il quale per anni riordinò questi fondi: “Il f. 1 originale fu trovato il 5 luglio 1923 nel c. 954 dei Reg. Lat. Purtroppo il presente r. 926 era già stato paginato a macchina”.

La prima bolla di un certo interesse, che troviamo sfogliando il registro, è quella riguardante il coevo cardinale presbitero di Santa Cecilia. Nonostante sia Conradus Eubel, nel terzo volume della sua Hierarchia Catholica, che altre fonti indichino Giovanni Giacomo Schiaffinati come colui che aveva ricoperto tale titolo fino alla data della sua morte, avvenuta nel 1497, qui troviamo invece il nome di un Lorenzo, che dovremmo identificare, con molta probabilità, con quel Lorenzo Cibo Mari, cardinale del titolo di Santa Susanna, successore dello stesso Giovanni Giacomo. E’ possibile, quindi, come già spesso riscontrato in altri casi, che i due si fossero scambiati il titolo cardinalizio prima della morte del primo.

Il cardinale Lorenzo Cibo Mari, di origini genovesi, nato intorno alla metà del sec. XV da Domenico de Mari e da una donna valenzana che il padre aveva sposato in Spagna pur avendo lasciato a Genova una moglie legittima, aveva rinunciato nelle mani del papa Alessandro VI la provvisione dell’arcidiaconato di Niebla, nella diocesi di Siviglia, che lo stesso papa ora concede al maestro Lorenzo de Guzmán, chierico di Siviglia e suo notaio. Per il dispendio subito, Alessandro VI, tuttavia, concede al cardinale il diritto di regressione nel suo beneficio in caso di morte o cessione da parte del suo nuovo titolare (ff. 118r-118v).

Infine, un’altra apprezzabile bolla riguarda la commenda del monastero di Santa Maria di Roccadia, dell’ordine cistercense, nella diocesi di Siracusa, che al tempo di papa Innocenzo VIII si era reso vacante per la morte di Gregorio, il suo ultimo abate. A seguito di ciò, lo stesso papa aveva concesso la sua provvisione, che era de iure patronatus regine Sicilie, a Giovanni di Scalambro, chierico della diocesi di Siracusa. Il 26 agosto del 1492 il papa Alessandro VI, certificato che il suo predecessore era morto prima di riuscire a firmare le relative lettere, conferma quindi la suddetta commenda in favore di Giovanni e ordina a Cesare Nacci, vescovo di Amelia, di eseguirne in suo nome la possessione (ff. 191v-194r).

Il reg. Lat. 927

Il reg. Lat. 927 è composto da 292 fogli. I ff. 23, 71v, 114v, 137v e 267v sono bianchi. Una cartulazione coeva in cifre romane è presente nella parte superiore destra di tutti i fogli mentre una moderna a macchina, su quella inferiore destra. Il registro si presenta in ottime condizioni.

Tra le bolle di interesse segnaliamo tre che riguardano alcune controversie sorte all’interno e tra vari monasteri dei territori iberici.

Nella prima si afferma che l’abate e il convento del monastero di San Salvador di Oña e il priore e il convento di quello di San Benedetto di Valladolid, dell’ordine di San Benedetto, situati rispettivamente nelle diocesi di Burgos e Palencia, esposero al papa Alessandro VI alcune questioni sopra la giurisdizione del primo monastero. Difatti, il priore e il convento di San Benedetto pretendevano che quello di Oña dovesse sottostare al loro dominio, giurisdizione e presidenza, mentre la controparte asseriva di esserne completamente indipendente. Di conseguenza, era sorta una causa tra i due monasteri che il papa Innocenzo VIII aveva assegnato a Felino de Sandeis, auditore del sacro palazzo apostolico, il quale nominò una commissione per giudicare il caso e, in seguito, sentenziò a favore dell’indipendenza del monastero di Oña, a cui concesse anche la provvisione del priorato o grangia di San Toribio di Liébana, nella diocesi di León, anch’esso oggetto di lite tra i due monasteri. Più tardi, tuttavia, il priore e il convento del monastero di San Benedetto si appellarono contro la sentenza davanti al papa che assegnò la nuova causa al maestro Pedro de Ferrera, auditore anch’esso del sacro palazzo apostolico, nonché suo cappellano. Per arrivare alla conclusione della causa, che restava indecisa, i rappresentanti dei due monasteri strinsero un accordo per il quale quello di Oña sarebbe rimasto indipendente, ma avrebbe accettato una visita annuale del priore di San Benedetto. Il papa Alessandro VI, quindi, con la bolla datata il 1 settembre del 1492, conferma l’accordo raggiunto tra le due parti (ff. 49r-52r).

Nella seconda bolla che esaminiamo, invece, la disputa è tutta interna al monastero di San Daniele fuori le mura della città di Girona, dell’ordine di San Benedetto, e riguarda il colore del velo che doveva essere portato dalle monache che lì risiedevano. La priora claustrale e il convento del monastero esposero, difatti, al papa Alessandro VI che avevano consultato il capitolo provinciale dell’ordine per sapere se era giusto utilizzare un velo bianco chiamato “beatilla” al posto del nero che era stabilito dall’antica usanza benedettina. Più tardi, pertanto, l’abadessa dello stesso monastero, sollecitata da altre monache, chiese anche una verifica di questo nuovo uso agli abati dei monasteri di Santo Stefano di Banyoles e di San Pietro di Galligants, nella diocesi di Girona, i quali inviarono una persona al monastero che lo trovò adeguato. Ma la priora e altre monache, insoddisfatte di tale decisione, presentarono un ricorso davanti agli abati Francesc de Xatmar, del citato monastero di Santo Stefano, e Lluís Ballús, di quello di San Pietro de la Portella, nella diocesi di Urgell, entrambi presidenti dell’ordine, e successivamente arrivarono ad appellarsi anche alla sede apostolica.

Di conseguenza, il 13 dicembre del 1492 il papa Alessandro VI nomina con la bolla in questione il preposto del monastero di Sant Martí Sacosta di Girona e Pere Coll, canonico della chiesa di Girona, come suoi commissari per risolvere la questione (ff. 149v-151r).

Nella terza bolla è citato il notaio pontificio Juan de León, che per disposizione apostolica possedeva la commenda del monastero di San Isidoro di León, dell’ordine di Sant’Agostino. Questi, avendo dimostrato che la mensa del monastero gli corrispondeva i frutti di alcune terre che erano talmente disperse da essere governate da signori locali, supplicò il papa Alessandro VI di poterle vendere per comprarne altre più vicine e utili al monastero.

Il 27 febbraio del 1493 lo stesso papa, quindi, incarica l’abate del monastero di San Claudio fuori le mura della città di León e l’arcidiacono di Mayorga, nella stessa diocesi, di prendere una decisione al riguardo (ff. 290v-292v).

Reg. Lat. 935

Il reg. Lat. 935 è composto da 294 fogli. I ff. 22v, 23v e 24, 47v, 69v, 157v, 201, 225v, 247v, 248 e 272v sono bianchi. Una cartulazione coeva in cifra romana è presente nella parte superiore destra di tutti i fogli, mentre una moderna a macchina, nella parte inferiore destra. Il registro si trova in ottime condizioni di conservazione.

Leggendo la documentazione, di un certo interesse è la bolla relativa al vescovado di Laodicea, in Siria, che il 20 marzo del 1493 Alessandro VI assegna a un certo Garcia, confermando così la sua tendenza, già evidenziata in passato con altre bolle, a servirsi di compatrioti per amministrare i cosiddetti territori di confine della Chiesa, molto difficili da controllare a causa delle spinte degli infedeli.

Alessandro VI concede inoltre a Garcia anche una pensione annua di 200 ducati auri de Camera sopra i frutti ed i proventi della mensa episcopale di Plasencia, con il consenso del vescovo Rodrigo di Ávila, perché la sua nuova diocesi risulta ancora in parte occupata dagli infedeli (ff. 8v-9v).

Rimarchevole è anche la bolla relativa a Juan Chacón Alvarnáez, prefetto di Murcia e commendatore di Caravaca, nonché sposo di Luisa Fajardo, una delle più ricche ereditiere del regno di Castiglia, insieme alla quale inaugurò un lignaggio molto vicino alla Corona per la quale combattè con onore nella guerra di Granada.

Juan espose al papa Innocenzo VIII che, per la sua devozione verso l’ordine dei frati minori regolari dell’Osservanza, desiderava costruire a sue spese nell’eremita chiamata di San Genesio de la Xara, situata in un luogo deserto fuori la città di Cartagena, una casa ad uso e abitazione dei suddetti frati, qualora avesse ottenuto la relativa licenza apostolica. Il papa, di conseguenza, ammise la supplica e inviò all’arcidiacono di Lorca alcune lettere in cui era contenuta la licenza richiesta per otto frati della custodia della provincia di Murcia che Juan avrebbe potuto scegliere a suo piacimento.

Il 30 giugno del 1493 il papa Alessandro VI, poiché Juan gli aveva riferito di aver terminato la costruzione della casa in questione e di avervi introdotto i frati prescelti, ordina, dunque, all’arcidiacano di Lorca di assicurarsi che nessuno li molesti (ff. 105v-107r).

Al ristretto nucleo dei nobili più in vista della corte reale si riferisce anche un altra bolla relativa a Bernardino Álvarez de Alcaraz, figlio di Fernando, segretario di Ferdinando il Cattolico, al quale il 24 aprile del 1493 il papa Alessandro VI concede una dispensa sulla sua minore età per poter ottenere un canonicato con prebenda, in quanto a quel tempo aveva solo otto anni (ff. 202v-203v).

Interessante per il tema trattato ed i suoi risvolti nella società spagnola del tempo è anche la bolla presente nei ff. 276v-277v. Alfonso Pérez Mexía, presbitero della diocesi di Toledo, espose al papa Alessandro VI che era stato accusato di sodomia (letteralmente “ab illo vitio propter quod ira Dei in filios diffidentie venit”) dal defunto Gonzalo García, da alcuni suoi parenti e da altri chierici e laici del castello di Haja, situato nella stessa diocesi. Alfonso, per purgarsi della sua infamia e su consiglio di Velasco Romero, decano della chiesa di Talavera, nella stessa diocesi, e vicario dell’arcivescovo di Toledo, si constituì nel carcere dello stesso castello. In seguito, tuttavia, Velasco ordinò che gli fossero sequestrati i beni e che fosse trasferito nelle carceri di Talavera da cui Alfonso fuggì e supplicò al papa Alessandro VI di giudicare la sua causa. Con la bolla in questone il papa Alessandro VI ordina, dunque, a Francisco e Nicolás Ortís e a Juan de Contreras, canonici della chiesa di Toledo, di dirimere la causa e, se troveranno Alfonso innocente, di fargli restituire i beni.

Reg. Lat. 936

Il Reg. Lat. 936 è il registro più grande che finora abbiamo spogliato. Esso, difatti, è composto da ben 390 fogli. I ff. 28v-29, 79-80, 90-93, 148v, 161v, 195v, 283v, 297v, 315v, 347, 389-390 sono bianchi. Anche qui una cartulazione coeva in cifra romana è presente nella parte superiore destra di tutti i fogli mentre una moderna a macchina, nella parte inferiore destra. Le condizioni di conservazione del registro sono ottime.

Di un qualche interesse è qui la bolla con la quale il papa Alessandro VI conferma la commenda del monastero di Sant Miquel de Fluvià, dell’ordine di San Benedetto, nella diocesi di Girona, a favore di Girolamo Porcari, chierico romano, utriusque iuris doctor, suo cappellano e auditore del sacro palazzo apostolico, a cui il suo predessore, papa Innocenzo VIII, l’aveva concesso a seguito della morte dell’abate Ramon Puig (ff. 226r-227v).

A seguire troviamo anche due bolle relative a Jaume Ortiz, chierico di Valencia, familiare e continuo commensale, nonché cubicolario del papa Alessandro VI. Nella prima, il papa ordina a Ludovico Podocataro, vescovo di Capaccio, a Joan Llopis, vescovo di Perugia, e all’ufficiale di Valencia di eseguire la possessione in suo favore del beneficio perpetuo semplice dell’altare dei santi Fabiano e Sebastiano della chiesa di Santa Maria di Xàtiva (reg. Lat. 936, ff. 169r-169v), mentre, nella seconda, agli stessi destinatari di favorirgli il possesso del beneficio perpetuo semplice dell’altare di Santa Maria nella chiesa parrocchiale di Sant Nicolau di Valencia (ff. 170r-170v).

Altri membri di nobili famiglie valenzane del tempo, infine, sono coinvolti in una disputa per il possesso di un beneficio perpetuo semplice sotto l’invocazione di San Giacomo apostolo nella chiesa di Santa Maria di Cocentaina, nella diocesi di Valencia, “quod de iure patronatus laicorum esse dicuntur”. Julià Marqués, chierico della diocesi di Valencia, espose difatti al papa Innocenzo VIII che nella fondazione del beneficio in questione, a quel tempo vacante per la morte di Joan etiam Marqués, era espressamente scritto che in caso di vacanza questo dovesse essere concesso a un presbitero idoneo e parente del fondatore. Poiché Julià lo era, ma non aveva a quel tempo ancora compiuto il diciottesimo anno d’età, in seguito nacque una causa tra lui e Lluís Falcó e Bernardino Guirama “qui pro clericis de parentela habere se gerebant” che il papa decide ora con la presente bolla in suo favore (ff. 224r-226r).

Reg. Lat. 938

Il Reg. Lat. 938 è uno dei più piccoli registri finora trattati in quanto composto da soli 272 fogli. I ff. 23, 39v, 57 e 58, 144v e 145, da 153v fino 161, 186v e 187, da 211v a 213, 214v, 239v, 258v e da 267v a 272, sono bianchi. Anche qui troviamo nella parte superiore destra di tutti i fogli la cartulazione coeva in cifra romana mentre, nella parte inferiore destra, quella moderna a macchina. Le condizioni di conservazione del registro sono ottime.

Due qui sono le bolle da segnalare: una relativa a Diego Lépez Pacheco e una a Jordi de Centelles, entrambi membri di due delle più prestigiose famiglie della penisola iberica.

Il 28 febbraio 1493 il nobile Diego López Pacheco, marchese di Villena e combattente nella guerra di Granada, riceve da Alessandro VI il permesso di poter costruire nei suoi beni una casa, con un refettorio ed un campanile, per i frati minori dell’Osservanza (ff. 90r-91r).

Infine, il papa Alessandro VI concede al maestro Jordi de Centelles, canonico di Valencia e suo notario, di affittare le sue rendite per un biennio e altre prerogative relative ai suoi benefici presenti e futuri (ff. 165v-166v).

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